I rifugiati della Vera D.

una mostra fotografica permanente è stata allestita presso l’aula occupata "Sergio Piro", ed.20

Mercoledì 7 aprile approda al molo Bausan (San Giovanni a Teduccio – Na) una nave per container, la "Vera D". Il Cargo è una microfisica della globalizzazione: batte bandiera liberiana, è di proprietà tedesca, comandante russo, committente israeliano, marinai filippini e… "clandestini" ghanesi e africani!

Una volta nel porto infatti il comandante annuncia di aver scoperto a bordo nove ragazzi africani che si sarebbero imbarcati candestinamente al porto di Abidjan, nascondendosi dentro i Container (la nave ne trasporta fino a 3000). Difficile sapere se il comandante della Vera D sia stato davvero sorpreso oppure abbia avuto un moto di coscienza. Voci assolutamente diffuse e altrettanto pavide, garantiscono che la prassi infatti è "buttare a mare i clandestini"! Magari non lontano dalla costa, magari con dei contenitori di plastica per galleggiare un pò, magari con un pò d’acqua. E buona fortuna…! vita o morte.
Di certo per l’armatore quelle presenze sono una iattura: il blocco nel porto causa una perdita di almeno mezzo milione di euro, tra costo di gesione della nave e rimborsi per i danni procurati all’interruzione dell’attività dei moli.
Il comandante sostiene che non può continuare a navigare, perchè non ha più il numero legale per viaggiare in sicurezza… e chiede che sia il governo Italiano a prendersi cura dei ragazzi, tra cui sei hanno dichiarato la minore età. Sarebbe la cosa più ovvia, ma la linea della Questura è un’altra in questi casi: agire rapidamente nel silenzio e nell’omertà, notificare un frettoloso decreto di respingimento senza alcuna verifica della situazione e senza comunicare ai migranti il loro diritto di chiedere protezione umanitaria, senza nemmeno l’interprete. E imporre alla nave di riportare i profughi da qualche altra parte…

E’ la "linea Lampedusa", che il ministro Maroni ha imposto da oltre un anno: respingimenti direttamente in mare, in spregio e in violazione sostanziale di qualunque diritto d’asilo e di tutela dei minori e delle persone in genere.

E’ solo la protesta dei portuali per il blocco delle attività lavorative che lunedi 11 aprile rende finalmente pubblica la presenza dei nove a bordo e cambia le carte in tavola.
La mobilitazione antirazzista vede l’attivarsi di sinergie composite: decine di attivisti dei movimenti cominciano a picchettare la nave (intanto spostata al Varco Pisacane), si attivano i sindacati, lo stesso Comune e qualche parlamentare.

La pressione spinge la questura a qualche mossa di copertura. Improvvisamente scopre che è il caso di verificare la minore età di tre ragazzi fatti scendere solo per permettere alla nave di manovrare. 

L’esame biometrico del polso, un’analisi scarsamente attendibile che resiste solo in Italia ed ha oltre due anni di incertezza, stabilisce che i minori sarebbero in realtà degli "anziani camuffati"… malgrado, per alcuni di loro, l’evidenza del contrario risulti lampante agli occhi (e in fotografia). Ricordiamo anche che "nel dubbio" la legge impone ovviamente di favorire l’ipotesi di tutela.

Tutto il comportamento della Questura in realtà presenta numerose approssimazioni, contraddizioni e ambiguità, con gravi responsabilità di mancata tutela dei rifugiati e dei minori:

1) Riproduce la diffusa prassi dei decreti di respingimento rilasciati in automatico prima di verificare la posizione e l’eventuale richiesta di protezione dei profughi. Se sono respinti nessuno se ne accorgerà e, in caso contrario, sarà comunque un escamotage per permettere il trattenimento nei CIE.

2) Il decreto di respingimento viene emanato il 7 aprile, ma solo l’11, quando tutto è diventato pubblico, si comincia a "verificare" se ci sono minorenni.. un ribaltamento di procedura che mette l’ospedale nella condizione di "accreditare" una verità già scritta.. In pratica il 7 aprile la polizia commette un palese illecito perchè respinge formalmente almeno sei persone che risultano minorenni secondo i dati anagrafici che essa stessa ha raccolto. Senza fare nessun accertamento! E poi quando si accende l’attenzione mediatica si cautela con degli esami in cui chiaramente l’ospedale è messo in condizione di dover giustificare un operato palesemente illegittimo delle forze dell’ordine…

3) Dopo l’esame di appena tre dei sei ragazzi, la Questura dichiara con incomprensibile certezza che "non ci sono minorenni a bordo". Di fronte al crescere della pressione, la linea è comunque di negare tutto, magari pure qualche evidenza clamorosa.

La pressione degli antirazzisti raccoglie un importante risultato la sera di lunedi: una delegazione di tre persone, compreso l’avvocato del CIR (centro italiano rifugiati) riesce a salire sulla nave e ad incontrare i migranti, che esplicitano tutti per iscritto la propria volontà di chiedere asilo politico. In sei ribadiscono il dato anagrafico della loro minore età.
Mentre due esposti sono presentati alla stessa Questura e alla Procura della Repubblica (specie per la mancata protezione dei minorenni) gli antirazzisti presidiano la nave tutta la notte, temendo un colpo di mano con la partenza della stessa.
Finalmente la mattina di mercoledì i funzionari dell’ufficio stranieri arrivano a raccogliere la formalizzazione della richiesta di protezione e i rifugiati lasciano la nave. Lo impone quello che resta del diritto di asilo in Italia ed è però una delle pochissime volte che accade da molto tempo. 

Per questo si pone comunque la necessità di dare un segnale di durezza in linea con le politiche ideologiche e xenofobe del ministro Maroni. Così, malgrado venga formalizzata pubblicamente la possibilità di accogliere tutti e nove i profughi nelle strutture di accoglienza comunali, il Questore dopo molto tracheggiare e tanta ipocrisia decide di adeguarsi pavidamente alla linea del Viminale: comunica che i nove profughi della "VeraD" dovranno aspettare la valutazione della "Commissione rifugiati" in condizione di trattenimento nel CIE di Brindisi. Del resto questa è la prassi becera seguita in quasi tutti i casi analoghi da un pò di tempo. Secondo le autorità napoletane non si pone nemmeno il problema di tutela dei minori, perchè "l’ospedale ha accertato che nessuno lo è".

Alle dieci di sera di mercoledi viene perciò disposta la deportazione a Brindisi. Un presidio di quasi un centinaio di antirazzisti si è ricostruito fuori "l’ufficio stranieri" nella periferia orientale della città e blocca le uscite. La polizia carica…


Venerdi 16 aprile una nuova svolta:
Sei rifugiati della "Vera D" usciranno dal CIE di Brindisi ! Nell’udienza di convalida il giudice ha disposto la scarcerazione in quanto presunti minori. Confermata invece la permanenza per altri tre, per i quali è stato fatto ricorso in cassazione per la strumentalità del provvedimento di respingimento. In mattinata c’è già stato presidio fuori al CIE, un’altra iniziativa sarà organizzata la settimana prossima…

Nel pomeriggio una quarantina di antirazzisti, italiani e migranti, occupano per protesta gli uffici amministrativi dell’Ospedale Santobono di Napoli mentre fuori veniva distribuito un volantino ed esposto uno striscione con la scritta "I medici curano non deportano!".

Vogliono chiarezza sui tanti troppi interrogativi nati sulla tutela dei diritti dei sei minori rifugiati, che la polizia aveva trasferito nel CIE di Brindisi dopo "l’esame del polso" nello stesso Ospedale.
Il direttore Sanitario in parte smentisce la Questura: sui referti i medici hanno scritto che i ragazzi avevano circa 19 anni, quindi un’età compatibile con l’ipotesi che fossero minori (l’esame ha un range di incertezza di due anni..) e perciò con il divieto assoluto di respingimento o di internamento…

La contestazione più importante riguarda però l’aver trattato questi ragazzi come pacchi, come pratiche da assolvere secondo le richieste della macchina della deportazione e non come persone da assistere dopo 40 giorni di viaggio in un container…

STOP DEPORTATION!