L’11 e il 12 marzo 2010 i ministri dell’istruzione di 46 paesi europei celebrano a Vienna il 10° anniversario della dichiarazione di Bologna: nelle stesse ore gli studenti di tutta Europa scenderanno nelle strade della capitale austriaca per protestare contro questo processo che è alla base dell’università riformata.
Dall’introduzione dei crediti/debiti formativi agli stage, dalla privatizzazione dei servizi del diritto allo studio alla progressiva selezione di classe, i risultati del Processo di Bologna li viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle: viviamo in Università nelle quali viene data la possibilità ai privati di entrare nei consigli di amministrazione, consentendogli di gestire sia la didattica, sia la parte finanziaria, con inevitabili ricadute
sulla ricerca: nelle nostre facoltà la gran parte dei progetti di ricerca scientifica è finanziata da privati e case farmaceutiche, che comprano apparecchiature e materiali, pilotando gli studi verso campi rispondenti ai
propri interessi commerciali.
E’ sempre più difficile accedere a servizi come la mensa e gli alloggi universitari; si riducono gli spazi di aggregazione e socialità.
Lottare per un’università che sia gratuita, libera e di massa non significa lazare un ditino nei Consigli di Facoltà, nè tantomeno limitarsi a chiedere una riforma parziale del sistema formativo quale oggi si configura: significa dare fuoco al Processo di Bologna, e lasciare che bruci. E brucerà.
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